Londra

Fare il tutor, che passione: la filosofia del precettore

Fare il tutor, che passione: la filosofia del precettore

Nicoletta Alegnini, che insegna italiano e francese, online e dal vivo, ad allievi di tutte le età a Londra, rappresenta un settore in espansione: il tutoring, nuovo modello delle vecchie lezioni private.

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LONDRA – “Insegnare non è colmare una mancanza, bensì preservare il desiderio del sapere”. È questa la filosofia di Nicoletta Alegnini, tutor di italiano e francese a Londra per studenti di tutte le età, dalle scuole medie al liceo, dall’università alla cosiddetta istruzione per adulti. C’erano una volta le lezioni private, specie di tassa che i genitori di alunni svogliati o in difficoltà pagavano per mandare i figli a “ripetizione”, come si diceva un tempo: in sostanza, noiosi pomeriggi trascorsi a ripetere quello che non riuscivano ad apprendere a scuola. Un sistema e un concetto oggi in gran parte obsoleti, sostituiti da una figura dal nome antico, precettore, ma con metodi innovativi, che può affiancare la scuola o diventare insegnamento autonomo. E che rappresenta una professione ambita, gratificante e di sempre maggiore rilievo per chi la svolge: chiamato all’inglese tutoring (o tutoraggio, sua brutta traduzione italiana), è un settore in crescente espansione, nel Regno Unito come nel nostro Paese.

Nata a Roma ma cresciuta fra l’America e la Francia, laureata in letteratura inglese e francese prima a Milano, poi alla Sorbona di Parigi, grande sportiva nella vela e nella corsa, madre di due figlie, la professoressa Alegnini vive da trent’anni nella capitale britannica, dove insegna sia presso una delle più prestigiose scuole private femminili, sia attraverso Keystone Tutors, agenzia leader di alta qualità ed esperienza, oltre che alla propria rete autonoma di studenti. “Insegnare è la mia passione”, dice. “La scuola non riesce sempre a rispondere ai bisogni della soggettività di ciascuno studente e allora il tutor li aiuta a crescere, a fiorire. Non è più un ruolo nascosto, il tutor collabora con la scuola e riesce a completarla”.

Come sono le sue lezioni, professoressa?

“Una volta alla settimana vado a scuola e le tengo dal vivo, un singolo studente alla volta. Altrimenti sono lezioni di un’ora ciascuna online, una modalità che fa risparmiare tempo, favorisce maggiore concentrazione e permette l’insegnamento a distanza. Credo fortemente nell’insegnamento online, non solo a livello di scuola secondaria ma anche a livello universitario e postuniversitario: è la nuova realtà dell’insegnamento, perché sostenibile ed efficace. Comincio sempre con una battuta, si ride, si stabilisce un contatto, che con il tempo diventa di autentica familiarità e confidenza. E non c’è mai, ovviamente, paura di sbagliare”.

Chi sono i suoi allievi?

“Ne ho in tutto una quarantina, ad alcuni insegno corsi a livello di International Baccalaureate, altri frequentano una boarding school del Sussex, ma seguo anche studenti altrove nel Regno Unito, in Svizzera, in vari Paesi d’Europa, oltre che di università come Oxford, Cambridge e degli Stati Uniti. E poi ci sono gli studenti adulti che vogliono imparare una lingua straniera. Complessivamente, i miei allievi vanno dai 5 ai 60 anni di età”.

Perché l’insegnamento scolastico talvolta non basta?

“Perché spesso è preconfezionato, meccanizzato, mnemonico. Penso che la scuola stia vivendo un periodo difficile, che debba adeguarsi ai tempi e alle esigenze di un mondo che va sempre più veloce ed è sempre più competitivo. Il modello tradizionale deve cambiare, per preservare il desiderio del sapere da parte degli studenti”.

E il suo modello di tutoring invece quale è?

“Il cuore del mio insegnamento, la mia filosofia, è che non conta quanto sei intelligente, ma dove e in che cosa sei intelligente. Credo inoltre fermamente nel creare un rapporto di crescita fra precettore ed alunno basato sulla soggettività, cioè attento alla singolarità, alle specificità dell’individuo. Tutto ciò si chiama paideia, termine di origine greca usato per definire un ideale di educazione e formazione globale, secondo i modelli dell’antichità classica”.

Cos’è per lei l’insegnamento?

“Una vocazione. Un atto di generosità verso il prossimo. Uno spazio in cui l’allievo deve riuscire a rispecchiarsi in ciò che studia e sentire un’attrazione per l’apprendimento. Vuol dire prendersi cura degli altri attraverso il ruolo formativo di educatore e insegnante. Apprendere significa in ultima analisi amare se stessi, dare qualcosa di più al sé, ma non apprende soltanto l’allievo: insegnare è un’esperienza di vita reciproca. Come diceva Seneca, gli uomini imparano quando insegnano. Anche per questo, oltre alle lezioni a pagamento, faccio lezioni pro-bono, gratuite, per chi non può permettersi questo tipo di apprendimento. Questo lavoro è la mia passione e costituisce una parte fondamentale e preziosa della mia vita”.

A proposito delle sue materie, perché è importante imparare le lingue?

“Perché ci permette di entrare in vite diverse, di spaziare in altri mondi, di rispecchiarci in un’altra cultura, come si capisce immediatamente in una grande metropoli multietnica come Londra. Imparare una lingua ha naturalmente vantaggi pratici, amplia la possibilità di trovare lavoro, di conoscere persone, ma aiuta anche dal punto di vista psicologico e neurologico: ci insegna a ragionare con un altro codice”.

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