'La terra trema', il giallo del film dalla doppia vita

«C' era fudda dda mattina,/ lu sapeva Giulianu;/ ma la fudda un lu sapiva/ e ballava nni du chiano», in mezzo al piano, o meglio la piana di Portella della Ginestra. Così continua, tradotta in italiano, la rappresentazione di quel festoso primo maggio resa dal poeta Ignazio Buttitta: «Chi cantava, chi suonava/ chi accordava le canzoni,/ sulla tavola imbandita/ le semenze e i torroni». L' anno era il 1947, l' Italia sperimentava una faticosa e provvisoria collocazione geopolitica, e la Sicilia ancora di più, insomma, iniziava la Guerra fredda. Si sa, purtroppo, ciò che accadde alle dieci di mattina di quel primo maggio: «S' ntisi scruscio di na sparatina - così il cantastorie Turi Bella - e bummi a manu peggiu di li trona». Portella della Ginestra: dodici morti, tra cui donne e bambini. La madre di tutte le stragi. Misteriosi i mandanti, per quasi sessant' anni, e incerti i colpevoli. La notizia è che attorno a questo evento «senza verità», su un piano che tiene assieme cinema, politica e denaro, le sorprese continuano a sgocciolare. Ecco. Nella Sicilia insanguinata, poche settimane dopo l' eccidio, capitò o meglio volle andare e al tempo stesso venne inviato in missione politica semisegreta un grande personaggio, allora poco più che quarantenne, Luchino Visconti. Era un uomo bello, colto, ricco, aristocratico, comunista e gay. Con lui due giovani di grandi speranze artistiche, un romantico e passionale Francesco Rosi, un ardente e già raffinatissimo Franco Zeffirelli. Girarono per l' isola con un progetto necessariamente vago: un documentario, o forse un film-lampo, da girare in tempo reale, senza sceneggiatura, per aggirare la censura preventiva. Visconti veniva dai ranghi della cospirazione antifascista, anche condannato a morte e salvo per miracolo, ma nel mondo comunista erano tempi in cui il riserbo, per non dire la segretezza, continuavano ancora ad essere la normalità. Il Pci sapeva del viaggio e del progetto. Sapeva Togliatti, Ingrao, Alicata, Trombadori. Il regista di Ossessione era un intellettuale più che fidato. C' era un piccolo finanziamento da Botteghe Oscure, tre milioni, o forse sei, qualcosa di suo aveva anche messo Visconti, la cui famiglia possedeva la "Carlo Erba". Comunque era lì in Sicilia, con una macchina da presa, una mini-troupe e un incarico quasi clandestino, da svolgere a ridosso del «lago di sangue» di Portella della Ginestra e in previsione delle elezioni del 18 aprile 1948. Ora. Il neorealismo gode ancora di grande popolarità. Ma il dubbio è che con lo scorrere del tempo sia inevitabile rileggerne la storia, e ancora di più riesaminarne la leggenda - come peraltro ha cominciato a fare Tatti Sanguineti, con la Cineteca di Bologna, nella mostra dedicata a Giovannino Guareschi e ai suoi complessi rapporti con il cinema e con i mostri sacri di quell' epopea, De Sica, Zavattini, Rossellini. Di sicuro Visconti, capofila di quella gloriosa scuola, rincorreva le suggestioni degli «ultimi» e scese nell' isola con il progetto di un racconto epico e corale sui pescatori, sui minatori delle zolfatare e soprattutto sui contadini e la terra, la loro lotta per la terra. Durante i sopralluoghi ebbe una specie di visione: «D' improvviso, il rumore d' una galoppata. Centinaia di contadini arrivavano a cavallo dal fondo dell' orizzonte. Il rumore si avvicinò, la terra tremava sotto i passi di questi battaglioni di contadini con le bandiere rosse e tricolori, che venivano a occupare le terre incolte dei latifondi». Tremava, dunque, la terra. E La terra trema è appunto il titolo che Luchino Visconti assegnò al suo capolavoro, gioiello tra i gioielli del neorealismo italiano, girato tra il 1947 e il 1948 interamente in dialetto: «In Sicilia l' italiano non è la lingua dei poveri» è l' epigrafe, suggerita da Trombadori, che comparve sullo schermo nero alla prima del film, a Venezia, nel 1950. Solo che in quella straordinaria pellicola che è La terra trema, nonostante il titolo, i protagonisti sono pescatori. Si sa: la vicenda scorre sulla falsariga de I Malavoglia, sia pure inclinata in senso marxista. Dei contadini, invece, e dell' occupazione delle terre non c' è più traccia: cosa è accaduto? C' è un buco nero, o un autentico giallo, se si preferisce, dietro l' esito inaspettato de La terra trema. Quale mistero politico e cinematografico spinse quindi Visconti a «scambiare» la strage di Portella della Ginestra con la trasposizione del romanzo di Verga? L' idea, finora, è che "L' episodio del mare" fosse quello iniziale di una trilogia siciliana (pescatori, minatori e contadini) che Visconti avrebbe di lì a poco realizzato - e che però per varie ragioni non si fece mai. Sul bandito Giuliano e sull' eccidio del primo maggio 1947, d' altra parte, lo storico Francesco Renda (Salvatore Giuliano, Sellerio, 2002) ha calcolato la vastità del materiale in circolazione: oltre alle inchieste parlamentari, trenta biografie e saggi monografici, diversi romanzi (tra cui uno di Mario Puzo), un dramma teatrale, un melodramma, oltre a un numero imprecisabile di articoli, poesie, canzoni e ballate. Le più recenti ricostruzioni storiografiche, tra le quali si distingue, per vastità di fonti fino a poco tempo fa «coperte», Tango connection di Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino (Bompiani 2007), inseriscono la strage siciliana in un contesto internazionale che l' occupazione delle terre e le elezioni dell' aprile del 1947, con la vittoria dei partiti di sinistra, hanno reso sempre più infuocato. Portella della Ginestra è la sanguinosa «premonizione» di un «iperpotere» - così lo definirà Leonardo Sciascia - che tiene assieme interessi geopolitici americani, blocco agrario, milizie neofasciste lasciate a suo tempo dietro le linee e assimilate a bande di briganti, pezzi di esercito e di carabinieri reazionari; e poi monarchici, separatisti, mafiosi e avventurieri. Il cemento di questa massa di gente armata è ovviamente l' anticomunismo, così come è ovvio che in Sicilia si gioca il futuro d' Italia. In particolare, secondo Casarrubea e Cereghino, la strage più o meno a freddo di Portella della Ginestra servirebbe a suscitare reazioni: da reprimere, a quel punto, con un colpo di Stato. C' è da dire che il Pci e il Psi, saggiamente, non cascano nella trappola. Nenni e Togliatti valutano la posta in gioco guardandosi bene dal suscitare la «soluzione greca», vale a dire la guerra civile. Ma il punto interessante è quanto di tutto questo, dell' intensità dello scontro, delle possibili conseguenze, può aver via via compreso Visconti, che Portella della Ginestra almeno all' inizio aveva certamente posto al centro del suo lavoro cinematografico, per giunta in vista della campagna elettorale del 18 aprile. Bene. In un documentatissimo libro sul cinema politico-indiziario, Il processo della verità (centinaia di note e 27 pagine di biliografia, Kaplan, 323 pagine, 20 euro) lo studioso Anton Giulio Mancino avanza un' ipotesi che va ben oltre la storia invero complicata de La terra trema per delineare un quadro di intese, compromessi e mascheramenti che forse solo dopo tanti anni è oggi possibile conoscere. In estrema sintesi: d' accordo con i vertici del Pci, il film sui pescatori fu un «ripiego produttivo» - ancorché venuto fuori in modo stupendo - rispetto a un progetto che per una serie di ragioni di opportunità politica non poteva più essere realizzato. Detta altrimenti: la suggestione sui pescatori di Aci Trezza, che peraltro da tempo affascinava Visconti, finì dunque per surrogare, in corsa, l' episodio della terra e della strage. I rischi di attizzare forze allora potenti e pericolose era con tutta evidenza enorme. L' ipotesi del professor Mancino si basa su un dato finanziario e sull' entrata in scena di personaggi che con l' ambiente di Visconti e del Pci non c' entrano nulla, anzi. Vero è che i tre o sei milioni del partito finiscono presto e di conseguenza le riprese s' interrompono (con tanto di proteste delle maestranze rimaste senza stipendio). Ma soprattutto colpisce un «improvviso, generoso e inspiegabile finanziamento» di trentasette milioni che arriva al comunista Visconti dall' Universalia, una casa di produzione cattolica, anzi vicina al Vaticano. Una boccata d' ossigeno che gli consente di continuare e portare a termine il film proprio alla vigilia del 18 aprile. La classica offerta che non si poteva rifiutare. Il personaggio che figurerà ufficialmente come il salvatore de La terra trema, nella versione de I Malavoglia per quanto risciacquata nel marxismo all' italiana, è il produttore Salvo D' Angelo, un siciliano colto e gentiluomo, architetto e musicologo, dietro cui tuttavia si avverte un mondo teoricamente ostile al Pci, eppure in pratica disponibile a un accordo politico che prende forma artistica. Un mondo che intuiti i grandissimi pericoli dello scontro in atto, offre una via d' uscita per certi versi onorevole, uno scambio che poteva sembrare alla pari, forse anche un compromesso che si proiettava nel futuro in nome della realpolitik, s' intende; ma anche del silenzio sugli obiettivi, sui veri mandanti e su qualsiasi rivelazione che di nuovo precipitasse nell' agone la strage di Portella della Ginestra. Così grosso modo, secondo il meticoloso studio di Mancino, si conclude la storia segreta, politica e cinematografica de La terra trema. Sullo sfondo del mistery restano personaggi ancora oggi poco decifrabili come il padre domenicano Felix Morlion: patrono dell' anticomunismo ante litteram, di certo in rapporto con i servizi segreti americani e già in quegli anni accreditato come il capo dell' Intelligence del Vaticano. Anche lui in Sicilia con le truppe alleate, anche lui grande appassionato di cinema neorealista, consulente di Rossellini (Francesco giullare di Dio, Europa 51, Stromboli), nonché primo datore di lavoro, nel 1945, del giovanissimo Giulio Andreotti. A riprova che tutto sempre torna, in Italia, e dopo tanti anni non sai mai se torna nel bene o nel male, nella politica o nell' arte, nella finzione, nella visione o nella realtà.

FILIPPO CECCARELLI